L’export italiano digitale (ovvero e-commerce) è ancora marginale.
Stando alla ricerca condotta dall’Osservatorio Export della School of Management del Politecnico di Milano, infatti, l’export italiano digitale è di circa 6 miliardi di euro pari ad una quota di un solo 4% sul totale esportazioni.
I paesi più rilevanti ai quali vengono venduti i prodotti italiani sono quelli tradizionali(Europa e Stati Uniti), seguiti da quelli più recenti(Giappone e Russia). Rimane ancora poco sviluppato l’export digitale verso i Paesi emergenti in termini di potere d’acquisto, ovvero Cina e America Latina.
I canali attraverso i quali si perfezionano le vendite sono primariamente quelli dei grandi retailer online. Seguono poi i marketplace ed i siti di vendite private.
Quali sono i settori più esportati? Anzitutto quello istituzionale, il Fashion, che con il suo 65% delle vendite online, la fa da padrone nell’export italiano digitale. Seguono poi gli altri due settori che portano i vessilli del Made in Italy, Food e Design con un rispettivo 15% ciascuno.
C’é poi l’export online diretto che vale 1,5 miliardi di euro. L’interazione con il cliente finale è gestita da un operatore di ragione sociale italiana, attraverso i siti dei produttori, i siti di retailer online o multicanale o i marketplace italiani.
Ben più consistente(il triplo), invece, l’export italiano digitale indiretto che vale 4,5 miliardi di euro. La gestione passa attraverso i siti di eCommerce dei grandi retailer online stranieri, i grandi marketplace o i siti delle vendite private internazionali che acquisiscono prodotti in Italia per poi venderli in tutti i Paesi in cui sono presenti.
E’ evidente che l’e-commerce rappresenta una grande opportunità ed i numeri parlano da soli: si stima infatti che nel 2016 in Italia il giro d’affari sarà di oltre 20 miliardi di euro, con una crescita a livello mondiale del 24%.
La grossa contraddizione che spiega, in parte, la ancora inespressa potenzialità dell’export italiano digitale è riconducibile al fatto che gli italiani, pur essendo tra i più intensi fruitori ed esperti europei per possesso e uso degli smartphone(19 milioni di persone ne hanno uno), non sono parimenti grandi e-shopper(sostanzialmente per diffidenza circa i pagamenti) e le aziende italiane investono solo quote marginali in questo business indubitabilmente appetibile ed attraente.