Native Advertising per massimizzare l’engagement
Il Native Advertising con il suo essere “liquido”, con la possibilità di essere sempre contestualizzato con pertinenza agli occhi dell’utente e essendo caratterizzato da strutture grafiche, stili e linguaggi che si integrano alla perfezione con il sito che lo ospita (evitando quindi di ricadere nel fenomeno della banner blindness) può rappresentare la soluzione che rende “felici e contenti” sia gli inserzionisti (sempre alla ricerca di traffico di qualità), sia i publisher o editori (sempre alla ricerca di soluzioni grafiche piacevoli e redditizie).
Lo scopo del native advertising è quello di raggiungere una comunicazione pubblicitaria personalizzata, automatizzata, offerta al momento giusto agli utenti e che si distingua dalla confusione presente sul web.
In alcune applicazioni il native advertising diventa in realtà marketing automation, attività che si sostanzia in una tecnica meno intrusiva, integrata con il contesto editoriale, che, attraverso l’automazione dell distribuzione dei contenuti, arriva a generare maggiore interesse negli utenti.
Se una volta era “content is king” adesso è “context is king“: ciò significa che il contenuto resta sì fondamentale ma, vista la tempesta di informazioni a cui sono sottoposti gli utenti internet (forse si potrebbe iniziare a dire le “persone” perché altrimenti dovremmo continuare a parlare di “gli utenti di telefonia”, “gli utenti di frigoriferi”, ecc.), è il posizionamento, la capacità di emergere e la pertinenza con l’interesse del fruitore che determinano il successo o il fallimento di una comunicazione e, per definizione, il native advertising ha proprio lo scopo di portare al successo.
Secondo i dati diffusi durante il Social Media Week di Roma (giugno 2015), il native advertising all’estero ha ottenuto un incremento del 57% di attenzione generata negli utenti rispetto alla tradizionale pubblicità display.
Se non bastasse, oltre il 70% degli utenti ammette di identificarsi con i messaggi di un brand dopo aver letto contenuti native contestualizzati e ben il 30% dimostra interesse a condividere il contenuto con altre persone: l’attenzione è più elevata di circa il 50% rispetto alla pubblicità display perché, vista la massimizzazione della pertinenza, la comunicazione non è più “pubblicitaria” ma “di servizio”.
Per troppo tempo la pubblicità è stato un semplice strumento di comunicazione di prodotto: adesso, anche grazie a soluzioni come il native advertising che si contestualizzano con pertinenza, può diventare uno strumento di comunicazione con il destinatario delle stessa.
Con le soluzioni di native advertising, infatti, è possibile spostare il focus da “parlare di un prodotto” a “parlare con un cliente” beneficiando, oltre che di importanti feedback misurabili e interpretabili, dell’approvazione da parte del cliente: se un contenuto viene approvato dall’utente è probabile che quest’ultimo lo condivida rendendolo “effettivamente” virale con evidente riduzione del costo/contatto e soprattutto con la genuinità della comunicazione stessa.
Finalmente le tecnologie ci consentono di concepire le attività di comunicazione come delle soluzioni scientifiche non più lasciate in mano a intuizioni, idee grafiche o slogan “sensazionali” e quindi di spostare davvero l’attenzione dalla bocca di chi parla, all’orecchio di chi ascolta.
Il native advertising ci aiuta molto a raggiungere questo obiettivo perché arriva a parlare al cliente con il giusto linguaggio nel contesto più corretto possibile e finalmente consente di veicolare una pubblicità ritenuta utile e quindi accettata, recepita e condivisa.
Un’arma in più nelle nostre soluzioni integrate di presenza web.