Parah, lo storico marchio italiano per eccellenza di costumi da bagno, all’alba dei suoi 65 anni continua a crescere e ad estendere le linee di prodotto.
Inizialmente Parah doveva terminare con una “k” per ricondurre il brand al cognome della fondatrice Edda Paracchini che, come molti stilisti, cominciò a produrre costumi da spiaggia per sé. Poi “per un errore di tipografia comparve la “h”” spiega Andrea Rienzo, manager dei mercati esteri e rappresentante della terza generazione nell’azienda di famiglia, “era orecchiabile, anche dagli stranieri e quindi il marchio restò quello”.
Oggi l’azienda mira a dare una svolta sia stilistica che di comunicazione, continuando ad aprire insegne in tutto il mondo(l’ultima a Dubai, un negozio di 100 metri quadrati all’interno del Dubai Mall.) perché Parah all’estero è un brand sì conosciuto per la moda mare ma “soprattutto per l’intimo e il pru00eat-à-porter”.
Dal punto di vista della comunicazione, la scorsa estate c’è stato un cambio di stile nelle campagne pubblicitarie che utilizza codici internazionali, ma che si focalizza anche sui social network con #ParahWorld.
Il punto fermo ed invariato, invece, è il target Parah: “Una donna tra i 30 e i 50 anni, anche pParah, costumi da bagno, corner Parah, negozi multimarca, Edda Paracchini,er una questione di prezzo, che investe sulla qualità dei prodotti e sullo stile”, aggiunge Rienzo. “Con i nostri prodotti parliamo a una clientela trasversale e molto internazionale, perché se Parah è conosciuta in Italia per gli articoli da mare, all’estero intimo e abbigliamento pru00eat-à-porter vanno moltissimo”.
Infatti con soli 4 Paesi(Cina, Russia, Spagna, Emirati Arabi) Parah realizza il 30% del fatturato(pari a 15 milioni di euro nel 2014). Però “L’Italia resta centrale sia per la produzione sia per la rete vendite, ma la Russia di oggi, per esempio, è come la Penisola vent’anni fa. Se qui l’idea di un intimo di qualità è fortemente mutata e sono cresciute diverse catene a buon prezzo, all’ombra del Cremlino sfiliamo con le nostre proposte perché si spende molto nelle collezioni intimo e non solo. Vanno i piccoli pezzi coordinati, abiti da cocktail o sotto giacca che in qualche modo riprendono i motivi delle linee underwear. Non c’è solo spiaggia e la percezione del brand è completamente diversa rispetto all’Italia” spiega Rienzo.
Ma l’internazionalizzazione passa anche attraverso la conoscenza ed il rispetto della realtà locale: negli Emirati, per esempio, Parah ha lanciato un costume che copre il capo e gran parte del corpo. In Italia(come in gran parte del globo, direi) siffatto prodotto non sarebbe certo considerato un capo da spiaggia!
La strategia distributiva di Parah privilegia i negozi multimarca, “poi c’è il franchising come a Dubai”, continua il manager mercati esteri Parah, “e da quest’anno abbiamo introdotto una nuova formula per creare un concept all’interno dei multimarca interamente dedicato alle nostre collezioni, un modo per rafforzare l’identità del brand e il valore aggiunto delle collezioni”. Da qui ha preso corpo l’accordo con la catena di grandi magazzini spagnoli El Corte Ingles: “Apriremo 12 corner dedicati entro la prossima estate”, dice Rienzo, “e la collaborazione si estenderà a livello promozionale e di marketing con eventi mirati per la clientela spagnola”.
E tanto per fare branding, la scorsa settimana nello show room milanese si è celebrata la storia del marchio Parah, sia attraverso le pubblicità di archivio sia con i capi simbolo che lo hanno reso celebre. Anche la comunicazione è stata ripercorsa: dalle campagne-scandalo degli anni 70, alla svolta degli anni 80, fino alle nuove collaborazioni con le star della tv italiana. Indimenticabile la sfilata che fece scalpore e sollevò migliaia di proteste e polemiche, nella quale testimonial d’eccezione(nel vero senso della parola) fu Nicole Minetti(ricordate, l’igienista dentale tanto cara a Berlusconi?). Qualcuno definì l’iniziativa “suicidio di marketing” ma comunque se ne parlò tanto. Purchè se ne parli!