Il product placement cinematografico è uno strumento di marketing attraverso cui viene pianificato l’inserimento di un marchio entro la scena di un film. Ci sono diversi tipi di product placement:
- Visuale: il marchio viene posto in primo piano (in tal caso sono sufficienti poche inquadrature per diventare ben riconoscibile dallo spettatore) oppure nello sfondo ( tale scelta implicherà una maggiore durata e numero di inquadrature per ottenere lo stesso effetto).
- Verbale: il marchio viene “chiamato” dai protagonisti. Questa strategia punta sul meccanismo che associa il protagonista, quindi alla sua immagine e reputazione, ad un prodotto. E’ un tipo di placement più raro, ma molto più efficace.
- Integrato: questa è una forma ancora più complessa delle precedenti, in quanto prevede che il prodotto sia integrato entro la trama in modo estremamente incisivo. Ne è un chiaro esempio il film “Il diavolo veste Prada”, in cui il marchio è addirittura nel titolo. Ovviamente questa strategia implica una stretta collaborazione tra azienda e produzione.
Quali sono i migliori product placement cinematografici?
Già i fratelli Lumier fecero apparire più volte il sapone della Lever nelle loro pellicole (nel loro staff era presente un collaboratore che lavorava anche come pubblicitario per il marchio (oggi Unilever).
Il vero grande passo del product placement avvenne però nel 1932 quando, per 250000 dollari, Paul Muni protagonista di Scarface fuma i sigari White Owl.
Con le caramelle Reese’s Piecese della Hersheyl, il piccolo Eliot attira fuori dalla sua astronave quello che diventerà presto il suo migliore amico, in E.T.: l’extraterrestre di Steven Spielberg. Appena dopo una settimana dall’uscita del film, la Hershey aveva triplicato la vendita delle sue caramelle.
E.T.: l’extraterrestre (Steven Spielberg, 1982)
Ma vogliamo parlare della Ray-Ban? Tra gli anni ’70 e gli ’80 la società statunitense vedeva le proprie vendite in modo drammaticamente basso. Finquando l’attuale colosso non firma un contratto con il regista di Risky Business, Paul Brickman, che farà indossare le lenti Ray-Ban a Tom Cruise e il gioco è fatto, poco dopo le vendite aumentarono di più del 50%. Lo stesso fece pochi anni dopo Tony Scott, impossibile dimenticare i Ray-Ban da aviatore in Top Gun, ancora indossati da Cruise.
Risky Business (Paul Brickman, 1983)
Top Gun (Toni Scott, 1986)
Anche oggi non è una pratica che è stata abbandonata: il premio Oscar La Grande Bellezza, film di Paolo Sorrentino ha al suo interno una serie di prodotti difficilmente trascurabili: Apple, Martini, Disaronno, San Pellegrino, Banca Popolare di Vicenza (che ha finanziato la pellicola) e molti altri.
La grande bellezza (Paolo Sorrentino, 2013)
Si potrebbero fare mille esempi (in realtà di più) e di sicuro il product placement cinematografico è uno strumento di marketing con delle potenzialità davvero significative.
In Italia dal 2004 è entrato in vigore un regolamento (Decreto Urbani) ed il product placement ha mediamente un introito di 100.000 euro alla cassa di produzione di ogni film.